La valutazione dell’interesse culturale dei beni immobili di proprietà pubblica è altamente discrezionale
a cura dell’Avv. Luciano Salomoni
I riflessi sui titolari dei beni il cui valore culturale è presunto ex lege
[TAR LOMBARDIA, SEZ. II, 3 DICEMBRE 2014, N. 2903]
La declaratoria di particolare interesse storico ed artistico di un immobile scaturisce dall’applicazione di canoni e criteri aventi un grado notevole di opinabilità, poiché basati sulla valutazione del contenuto artistico e della rilevanza storica dei beni, con l’effetto dell’ampiezza della discrezionalità esercitata e della conseguente limitazione del riscontro di legittimità al solo difetto di motivazione, alla illogicità manifesta ed all’errore di fatto. Il TAR Lombardia ha respinto il ricorso diretto all’annullamento del provvedimento con cui la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia ha dichiarato di interesse storico artistico il Monastero di San Benedetto ai sensi dell’art. 10 c. 1 DLgs 42/2004.
Il Giudice lombardo si è pronunciato in tema di dichiarazione di interesse storico-artistico, affrontando diversi aspetti, sia inerenti le problematiche connesse alla titolarità dell’immobile cui la dichiarazione si riferisce, che al procedimento di valutazione sull’esistenza di un siffatto interesse.
Il TAR afferma in primo luogo come il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali in occasione della vendita di una porzione dell’immobile oggetto di tale vertenza non sia assimilabile a un’autorizzazione implicita alla vendita del bene immobile oggetto di dichiarazione di interesse storico artistico.
Infatti, affinché possa configurarsi un atto implicito, occorre che l’Amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determini univocamente i contenuti sostanziali o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente.
Pertanto, sono necessari due elementi: la manifestazione chiara di volontà dell’organo competente e la possibilità di desumere in modo non equivoco una specifica volontà provvedimentale di modo che l’atto implicito sia l’unica conseguenza possibile della presunta manifestazione di volontà.
Ulteriore questione affrontata attiene le vicende soggettive legate alla titolarità dell’immobile le quali non assumono rilevanza ai fini dell’esatta individuazione del soggetto destinatario dell’atto di dichiarazione di interesse storico artistico. Infatti, il vincolo di cui all’art. 10 c. 1 DLgs 42/2004, costituisce un limite legale alla proprietà e, pertanto, si trasferisce senza alcun bisogno di trascrizione. Proprio perché i beni di cui all’art. 10 c. 1 Dlgs 42/2004 sono assoggettati a tutela presumendone la culturalità, è irrilevante il mutamento del regime giuridico del soggetto cui tali beni appartengono al fine del permanere del valore culturale degli stessi. Tale principio è sancito dagli artt. 12 c. 9 e 13 c. 2 Dlgs 42/2004 e trova la sua ratio nel permanere dell’oggettivo valore culturale dei beni e della loro rilevanza ai fini della tutela. Allo stesso modo, anche l’autorizzazione all’acquisto di tali beni da parte di un soggetto privato non incide sulla presunzione di persistenza del valore culturale e sul potere/dovere dell’Amministrazione di sottoporlo alla verifica dell’interesse culturale. Questo trova conferma nell’art. 12 Dlgs 42/2004 secondo cui il vincolo impresso ex lege e la protezione interinale del bene possono venire meno unicamente all’esito della verifica, da parte degli organi competenti, circa la sussistenza dell’interesse storico artistico.
In conclusione, il potere di verifica dell’interesse culturale, presunto dal legislatore, non è inciso da eventuali mutamenti di proprietà del bene nel mentre intervenuti in quanto l’attribuzione della qualità giuridica di bene culturale avviene per ragioni oggettive, non soggettive. Pertanto, l’accertamento del vincolo amministrativo è meramente ricognitivo di una qualità che concerne il bene stesso e che è già stata direttamente riconosciuta dalla legge.
Con specifico riferimento al procedimento di valutazione, il TAR estende i principi operanti per la valutazione circa l’esistenza di un interesse culturale dei beni di cui all’art. 10 c. 3 Dlgs 42/2004, alla valutazione culturale delle cose di cui all’art. 10 c. 1 del medesimo decreto legislativo, ossia, come detto, ai beni culturali con riferimento ai quali è la legge a presupporne la culturalità perché appartenenti allo Stato, alle regioni o agli altri enti territoriali o, come nel caso che ha dato origine al giudizio, appartenenti a enti ecclesiastici riconosciuti. Per tali beni, è sufficiente un interesse cosiddetto semplice, cioè un mero interesse culturale mentre, per i beni di cui all’art. 10 c. 3 Dlgs 42/2004, occorre un interesse particolarmente importante. Pertanto, la sfera di discrezionalità di cui l’Amministrazione dispone nel valutare l’interesse culturale dei beni di cui al comma 1 è più ampia rispetto a quella di cui dispone nella valutazione dei beni di cui alla comma 3, avendo anche un onere di motivazione meno pregnante.
Il Giudice milanese coglie l’occasione anche per chiarire un ulteriore aspetto del giudizio espresso dai competenti organi statali circa l’esistenza della valenza storico artistica dei beni. La dichiarazione di interesse culturale non è subordinata alla integrità formale del bene tutelato in quanto preminente rimane la necessità di salvaguardare e di far conoscere alle generazioni future testimonianze e reperti in parte rovinati e danneggiati o originariamente facenti parte di complessi più ampi, parzialmente smembrati per effetto di eventi naturali o per mano dell’uomo. Pertanto, i beni devono essere valutati nella loro portata complessiva con la conseguenza che, in presenza di valutazioni di interesse storico artistico fondate su una pluralità di indici rivelatori, non è sufficiente che alcuni soltanto di essi palesino aspetti di particolare opinabilità per inficiare nel complesso la validità delle conclusioni raggiunte, ma è necessario che la sommatoria delle lacune individuate risulti di tale pregnanza da compromettere in toto l’attendibilità del giudizio espresso dall’organo competente.