Parchi metropolitani e governance degli spazi aperti in una prospettiva di regione urbana

 Parchi metropolitani e governance degli spazi aperti in una prospettiva di regione urbana

TEMA DEL MESE

di Fabio Bianchini

Il tema dei parchi metropolitani e, più in generale, degli spazi aperti (aree protette, corridoi ecologici, aree agricole …), si configura come un elemento cardine per definire il modello di sviluppo futuro della regione urbana milanese.

Il sistema delle aree protette è uno dei perni dell’organizzazione territoriale, in quanto rappresenta un fondamentale elemento di equilibrio ambientale e di protezione del paesaggio naturale e agricolo e una componente rilevante nell’economia complessiva dell’assetto territoriale.

Nella città metropolitana di Milano la percentuale di suolo antropizzato nel 2012 risulta pari al 40% (638 kmq), con una crescita del 2% rispetto al 2000.

Le aree protette rappresentano invece il 53% del territorio (840 kmq, di cui il 56% nel Parco Sud), mentre il suolo libero esterno ai parchi arriva a coprire il 7% del territorio (97 kmq).

L’area metropolitana può dunque contare su una buona dotazione di aree a parco, i cui  elementi costitutivi essenziali sono:

  • i Parchi regionali/naturali, organizzazioni stabili, caratterizzate da un elevato livello di tutela con differenti vocazioni prevalenti (fruitiva, naturalistica, agricola) e da una consolidata, per quanto differenziata, capacità gestionale e progettuale;
  • i PLIS, caratterizzati da un livello di tutela più debole e da una capacità gestionale e progettuale assai disomogenea. Dopo una prima fondamentale fase “costitutiva”, è ormai matura e va concludendosi una seconda fase di “consolidamento” dei PLIS, al netto di possibili espansioni e completamenti.

Il disegno del sistema di aree protette è formato da due “spalle” costituite dai Parchi regionali “fluviali” del Ticino e dell’Adda, è chiuso nell’arco meridionale dal Parco Sud, mentre a nord si è ampliata negli ultimi anni la rete di Parchi locali, senza però riuscire ancora a sviluppare adeguate connessioni in un territorio densamente urbanizzato.

In questo disegno possiamo individuare una serie di sub-sistemi:

  • il sistema meridionale, con il Parco Sud in connessione con Adda e Ticino;
  • i grandi Parchi fluviali (Ticino, Lambro e Adda), con i PLIS lungo il Lambro;
  • i parchi delle Brughiera (Groane e Brughiera Briantea);
  • il sistema dell’Olona o dell’ovest, tra i Parchi Ticino e Groane, con il Parco di Appiano Gentile e i PLIS RTO, Lura, Alto Milanese, Roggìe, Roccolo, Mughetti, Rugareto, Medio Olona, Mulini, Basso Olona;
  • il sistema del nord, tra i parchi delle Groane e Valle Lambro, con Parco Nord Milano e i PLIS Grugnotorto-Villoresi e Brianza Centrale;
  • il sistema dell’est, tra i Parchi Valle Lambro e Adda, con il Parco di Montevecchia e i PLIS Valletta, Colli Briantei, Cavallera, Molgora, Rio Vallone, Est delle Cave, Cascine e Alto Martesana.

Si tratta di un sistema consolidato, che oggi, in un periodo di grandi difficoltà economiche, attraversa un momento di particolare fermento, che si esplicita attraverso azioni, progetti e ipotesi di lavoro a vario stadio di maturazione che riguardano:

  • unioni di aree protette;
  • ampliamenti;
  • collaborazioni istituzionali fra enti gestori.
Azioni, progetti e ipotesi di lavoro
Azioni, progetti e ipotesi di lavoro

Si tratta di un sistema consolidato, che oggi, in un periodo di grandi difficoltà economiche, attraversa un momento di particolare fermento, che si esplicita attraverso azioni, progetti e ipotesi di lavoro a vario stadio di maturazione che riguardano:

  • unioni di aree protette;
  • ampliamenti;
  • collaborazioni istituzionali fra enti gestori.

I tempi appaiono quindi maturi per una nuova riflessione sul futuro del sistema dei parchi e delle aree protette, da promuovere su molteplici versanti: dall’approccio “culturale” alla configurazione territoriale, dall’impostazione delle politiche e dei progetti alle forme di governo e di governance.

Tale riflessione dovrà coinvolgere non solo gli amministratori e gli “esperti della disciplina”, ma anche le forze economico-sociali, il mondo delle associazioni, la cittadinanza attiva e altri attori ancora, a partire dalla natura diversificata delle esperienze locali, che suggerisce una condotta gradualista/progressiva, valutando le situazioni caso per caso in relazione ai diversi gradi di maturità conseguiti dalle molteplici esperienze consolidate nel corso del tempo.

Le aree protette non vanno pensate e gestite unicamente in chiave di tutela delle risorse paesistico-ambientali, ma come valorizzazione del territorio e sviluppo socio-economico delle popolazioni e delle attività (agro-alimentari, ricreative, turistiche, ecosistemiche …), sempre in un’ottica di sviluppo sostenibile.

È necessario quindi superare una visione settoriale e assumere una prospettiva integrata/sistemica, a partire da una nuova configurazione del sistema dei parchi, più aperta alla scala regionale e al tempo stesso più interconnessa al nucleo urbano centrale.

Occorre cioè rafforzare la capacità di progettazione e di sviluppo di politiche e progetti, adottando un approccio integrato che sappia combinare livelli di tutela, progettazione paesistico-ambientale, fruizione, sviluppo del sistema agroalimentare e servizi collegati.

Le sfide principali con cui deve misurarsi la “politica degli spazi aperti” sono:

  • valorizzazione fruitiva delle aree verdi di cintura;
  • sviluppo dell’agricoltura metropolitana e food policy;
  • costruzione di relazioni qualificate tra il sistema del verde interno alle aree edificate e quello di scala territoriale;
  • ridefinizione del “paesaggio urbano”;
  • qualità ambientale delle periferie metropolitane.

In questa chiave, occorre lavorare a:

  • precisare obiettivi e strumentazione operativa;
  • promuovere la crescita di una sensibilità diffusa tra la popolazione;
  • favorire il coinvolgimento delle amministrazioni locali;
  • consolidare una cultura progettuale e tecniche di intervento in grado di incidere sull’assetto complessivo del territorio metropolitano.

In quest’ottica, lo schema orbitale e radio-centrico che, per una lunga fase, ha costituito la visione mainstream, appare oggi sempre meno capace di:

  • garantire un’adeguata proiezione verso la regione urbana, in grado di mettere in connessione Parchi “milanesi” con quelli “oltre confine” (Pineta, Brughiera Briantea, Montevecchia, ecc.) e con i territori non tutelati del nord Pavia;
  • mettere a sistema gli spazi aperti del nord Milano, sfruttando gli ambienti agricoli strutturati e rafforzando le aree in cui ancora permane la valenza naturalistica;
  • integrare in un disegno unitario i “parchi territoriali” di Milano (Boscoincittà, Parco delle Cave, Parco di Trenno, Parco Lambro, Forlanini, ecc.), territorio di contesto delle strutture urbane e di “transizione” rispetto ai territori agricoli o naturali più lontani, in primo luogo il Parco Sud.

Appare oggi maturo il tempo anche per una revisione dei modelli gestionali e di governo esistenti, con l’obiettivo di razionalizzare e rafforzare natura giuridica e modalità di gestione, combinandole con le energie e i saperi che promanano dalle comunità di pratiche. In relazione alla diversità delle esperienze maturate, due sono le principali prospettive che possono lavorare in parallelo ed essere applicate alternativamente a seconda dei casi:

  • procedere con forme di integrazione fra Parchi regionali (si pensi in primo luogo ai Parchi Adda Nord e Adda Sud) e fra Parchi regionali e PLIS, sulla scia della prima sperimentazione già avvenuta nel caso del PLIS della Balossa, recentemente integrato al Parco Nord;
  • definire reti territoriali di PLIS negli ambiti caratterizzati da un elevato numero di parchi con differente livello di maturazione ed elevata frammentazione. Potrebbero, in particolare, orientarsi in questa prospettiva i PLIS del nord-ovest e dell’Alto Milanese, così come quelli del nord-est, incentrati sull’Adda Martesana e il Vimercatese.

In parallelo, è ormai tempo di affrontare la questione della riforma legislativa. La LR 86/83 “Piano generale delle aree regionali protette”, pur avendo a suo tempo rappresentato un’importante innovazione che ha dato vita al sistema dei parchi, è stata modificata troppe volte e appare oggi superata.

La necessità di affrontare la riforma del quadro legislativo è dettata anche dallo stralcio dalla LR 32/2015 – e dal conseguente rilancio a successivo provvedimento – della proposta di Parco Regionale Metropolitano di Cintura Verde che prevedeva l’unificazione di Parco Nord e Parco Agricolo Sud Milano.

È dunque necessaria una revisione sostanziale del quadro normativo, che tenga conto non solo del differente quadro ambientale, ma anche di quello amministrativo ed economico.

In tale ottica, la riforma dovrà incaricarsi di:

  • puntare sul riordino di competenze per un migliore governo delle funzioni nel campo delle aree protette e del territorio;
  • rispondere adeguatamente alle riforme costituzionali in itinere;
  • superare l’eccessiva eterogeneità dei livelli di protezione dettata dalla sovrapposizione, e spesso ridondanza, degli strumenti di pianificazione.

I parchi vanno, cioè, ripensati nella loro essenza, con strategie e percorsi diversi, pur mantenendo gli obiettivi per cui sono nati, connettendoli tra loro, facendo rete da un punto di vista gestionale.

Le aree protette non vanno più pensate e gestite unicamente come tutela delle risorse paesistico-ambientali, ma come valorizzazione del paesaggio e di sviluppo economico e sociale del territorio, sempre in un’ottica di sostenibilità, senza però far venire meno il senso di tutela, ancora oggi necessario per rispondere alle crescenti pressioni a cui sono sottoposti i territori metropolitani.

Sotto questo profilo, la Giunta regionale, nella seduta del 6 giugno scorso, ha approvato, con DelGR n° X/5272, la proposta di Progetto di Legge “Riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio” che, tra le finalità principali, si propone di favorire la realizzazione di un sistema integrato delle aree regionali protette e un incremento delle competenze e delle potenzialità dei servizi offerti.

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